Pubblicato il: 24 Agosto 2017
“Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco. E ricevi la sua antica ricompensa: Il biasimo di coloro che fai progredire. L’odio di coloro su cui vigili. Il pianto delle moltitudini che indirizzi.”
Era il 1899 quando Rudyard Kipling scriveva questi versi che divennero il manifesto dell’età del colonialismo e dell’imperialismo. Nella visione dell’epoca, l’Uomo Bianco detenenva sublimi responsabilità morali, in quanto stava assolvendo ad un destino che avrebbe garantito un futuro prospero all’intera umanità. Avrebbe quindi dovuto essere esonerato dalla colpevolizzazione derivante dalle violenze perpetrate, invece che biasimato e giudicato. Paradossalmente, se contestualizzata nel suo tempo, una tale visione ha avuto persino una sua valenza storica.
E’ passato più di un secolo da quelle parole, eppure, dopo il Ku Klux Klan, le lotte di protesta dei movimenti per i diritti civili, Rosa Parks, Nelson Mandela e un presidente afroamericano, negli Stati Uniti si continua ancora a parlare di supremazia della razza bianca.
Torniamo quindi agli eventi.
Sabato 12 agosto, Charlottesville, stato della Virginia. I militanti dell’Alt-Right, il movimento ultranazionalista e razzista dei suprematisti bianchi, al grido di “White Lives Matter” scendono in piazza per protestare contro la rimozione della statua del generale Robert Lee, eroe schiavista dei sudisti ai tempi della Guerra Civile americana.
Contemporaneamente, sempre nella stessa città, andava in scena una contro-manifestazione antirazzista.
L’auto di un suprematista indignato si scaglia contro la folla, i feriti sono tanti, una donna muore.
L’America è nel caos. Si susseguono ambivalenti prese di posizione presidenziali che condannano la violenza su entrambi i fronti, e qualche giorno dopo le strade di Boston vengono invase da 40 mila persone che che gridano pacifiche per i diritti civili.
La destituzione dei monumenti dedicati agli eroi sudisti della guerra civile americana, quegli eroi che lottavano per il mantenimento della schiavitù dei neri, è un dibattito annoso che si protrae da tempo nella società civile e fra le amministrazioni locali degli stati del Sud e non. Prima di Charlottesville, cominciarono Baltimora e New Orleans a smantellare i monumenti e altrettanto stannno progettando molte altre città.
Revisionismo storico? Volontà arbitraria di cancellare una parte scomoda della storia americana? Ma c’è di più, forse.
Dalla guerra civile l’America è divenuta anti-schiavista, industriale, liberista e da stato nazionale si è trasformata in impero, ma gli elementi culturali di matrice suprematista, seppure a lungo mistificati come folklore, non si sono mai completamente dissipati. Dopo lo smantellamaneto dell’istituto della schiavitù, il percorso per il riconoscimento dei diritti civili dei non bianchi, si e’ rivelato ancora molto accidentato. Sono state promulgate le leggi razziali ed è iniziata la segregazione, e poi le lotte per l’uguaglianza. Ed e’ proprio in quei periodi che sono state costruite quelle statue, non ai tempi della guerra civile in commemorazione dei suoi caduti, quasi in reazione ad una causa scottante persa nel passato. Non è infatti un caso che oggi i movimenti neo suprematisti portino come simbologia di appartenenza anche le immagini dei generali sudisti e l’antica bandiera della Confederazione.
Dunque, il dibattito circa il mantenimento o meno di questi monumenti non può essere solo storico. La storia non è rinnegabile, ma è possibile scegliere quale parte di essa si vuole portare avanti nel futuro.
La rimozione delle statue non può nè deve portare all’oblio di un momento fondamentale del passato americano, ma potrebbe diventare un simbolo, in nome della difesa del diritto umano inalienabile dell’uguaglianza delle razze che non dovrebbe più essere messo in discussione. Spesso i gesti simbolici sono solitamente quelli più plateali, e a volte persino i più contestabili, si può quindi ragionare sulla reale necessità di rovesciare le statue, ma non si può certo rimanere silenti e neutrali di fronte alle affermazioni razziste e misogine che esponenti della società civile invocano in nome della protezione di quegli eroi.
Il mondo di oggi e’ diverso rispetto a quello di un secolo fa, nuovi pericoli, nuove responsabilità.
Eppure l’Uomo Bianco ha ancora oggi, piu’ di prima, una grande ruolo per l’avvenire, che deve necessariamente passare dallo sgravarsi del fardello del passato e assumere il controllo delle parole e dei gesti, nelle scelte pubbliche e private, ad ogni livello sociale, soprattutto politico.
Perchè i messaggi che tali parole e tali scelte veicolano non possono far altro che insinuarsi nelle menti e nelle coscienze, istigando reazioni, giustificando azioni, catalizzando istinti.
E ciò che emerge in seguito, come testimoniano gli eventi di Charlottesville, non può essere percepito solo come un’innocente rappresentazione della libertà di espressione, ma è il sintomo esplicito di un radicamento delle idee molto piu’ profondo, reale e diffuso nella società civile.