Pubblicato il: 28 Settembre 2020
Pochi giorni prima del discorso sullo stato dell’Unione pronunciato da Ursula von der Leyen, la Commissione Europea ha pubblicato la prima relazione di previsione strategica per identificare le sfide e le opportunità per gli anni a venire. La Commissione ha indicato nel concetto di “resilienza dell’Europa” la chiave per affrontare una ripresa forte e duratura, intensa non solo come la capacità di resistere e far fronte alle sfide, ma anche di affrontare le transizioni in modo sostenibile, equo e democratico.
La Commissione, che nel report individua la conquista e il mantenimento della resilienza nelle dimensioni sociale, economica, geopolitica, verde e digitale, si impegna quindi a porre le basi per un futuro più equo, climaticamente neutro e digitalmente sovrano.
Pochi giorni dopo, di fronte ad un Parlamento europeo riunitosi in seduta plenaria, la Presidente della Commissione ha tenuto il consueto discorso sullo Stato dell’Unione, che questo anno però ha assunto un’importanza fondamentale, rimarcando non solo le priorità di azione dei prossimi mesi, ma anche una riconferma dei valori fondanti dell’UE.
Nel suo discorso Ursula Von der Leyen parte dalla sanità, affermando la necessità di una maggiore integrazione, poi passa al lavoro, nella richiesta di maggiori tutele e flessibilità, con la presentazione di una proposta legislativa per aiutare gli Stati membri a introdurre il salario minimo.
La competitività è il tema successivo, sostenendo in questo senso il rafforzamento dell’Unione economica e monetaria, un alleggerimento delle formalità burocratiche per il mercato unico, nonchè un ripristino delle libertà garantite dal trattato di Schengen, limitate a causa della pandemia.
Successivamente Ursula von der Leyen entra nel merito delle tematiche fondamentali già accennate più volte nel corso della presentazione del Recovery Found e riaffermate nel report “sulla resilienza europea” per uscire dalla crisi.
Al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, la Commissione propone quindi un obiettivo più ambizioso di taglio delle emissioni di gas serra entro il 2030, portandolo dal 40 al 55 per cento rispetto ai livelli del 1990. L’intero Parlamento dovrà poi votare sulla legge nella seduta plenaria prevista ad ottobre e poi inizierà la parte dei negoziati trilaterali con Commissione e Consiglio.
La presidente ha annunciato che il 37% del Recovery Fund sarà speso per interventi nell’ambito del pacchetto di riforme ambientali che viene definito European Green New Deal e che il 30% dei 750 miliardi necessari per il piano di ripresa saranno reperiti sul mercato attraverso l’emissione di green bond di cui l’Europa è leader in questo momento. Ursula von der Leyen ha anche indicato come priorità il consistente sviluppo delle energie rinnovabili e in dell’idrogeno per uso industriale e per i trasporti, e un maggiore impegno per l’efficienza energetica degli edifici.
L’Europa post 2020 oltre che green dovrà essere anche digitale, e in tal senso bisognerà investire nell’industria tecnologica europea, a cui sarà dedicato il 20% del Recovery Fund, anche per lo sviluppo della banda larga nelle aree più rurali.
Ed infine la presidente sposta il discorso sul ruolo dell’Unione nei confronti di ciò che accade al di fuori dei propri confini. Per poter giocare da leader l’Unione necessita di un’accelerazione del meccansimo di voto, proponendo quindi la maggioranza qualificata su questioni come la violazione dei diritti umani e la decisione di sanzioni. La Commissione ha menzionato le attuali vicende in Bielorussia, le tensioni nel Mediterraneo orientale tra Turchia, Grecia e Cipro, e la presa di posizione della Polonia per la creazione di zone “LGBT free” condannando, in nome dell’Europa unita “tutte le forme di incitamento all’odio, a causa della razza, della religione, del genere o della sessualità”.
Ma se finora le linee guida della Commissione hanno portato a speranze di cambiamento e una presa di posizione chiara soprattutto per quanto riguarda le politiche ambientali, rimane ancora irrisolto un nodo fondamentale per il futuro dell’Europa.
Anticipando quello che poi sarebbe stato annunciato qualche giorno dopo come il “Nuovo patto per la migrazione e l’asilo”, la presidente ha sostenuto la necessità di una maggiore cooperazione in materia di asilo e rimpatri, al fine ultimo non solo di salvare vite in mare, ma anche alleggerire il peso di quei paesi che si fanno carico in prima linea degli arrivi.
L’annuncio di von der Leyen, che arriva a seguito dell’incendio che ha distrutto il campo profughi più grande d’Europa sull’isola greca di Lesbo, prevedeva anche l’abolizione del regolamento di Dublino, ovvero il sistema comune europeo sull’asilo che prevede che la responsabilità per la richiesta vada al primo paese di ingresso in Europa, quindi nella maggior parte dei casi ai paesi di frontiera, come l’Italia e la Grecia. Questo ha creato molti problemi nel processo di accoglienza dei richiedenti asilo. Il nuovo patto introduce quello che è stato definito un “meccanismo di solidarietà obbligatoria”, che prevede regole più stringenti sui rimpatri e sugli accordi con i paesi di origine e di transito per bloccare i flussi, ma di fatto non ne chiarisce il contenuto, nè le modalità, nè va a risolvere la pressione sui paesi di ingresso, non menzionando alcun intervento in vista di una condivisione della frontiera.
In tale contesto, dunque, la resilienza dell’Europa intesa come capacità di cambiamento e trasformazione, ha ancora molta strada da compiere.
L’attenzione in questo momento è volta alla ripresa economica, ma le questioni critiche lasciate in sospeso non tarderanno a riemergere.