Pubblicato il: 25 Gennaio 2022
Disclaimer: l'articolo contiene spoiler del film Don't Look Up
Due scienziati scoprono che nel cielo c’è un meteorite che sta per colpire la terra causando l’estinzione del genere umano. Nessuno crede loro, e tutti i poteri forti, dalla politica, ai media, all’economia, sfruttano l’avanzare inesorabile della stella per trarne un vantaggio, fino al catatrofico, inevitabile, epilogo finale. Il regista Adam McKay ha messo in chiaro che la metafora del film non trae spunto dai fatti della pandemia, quanto piuttosto dalla crisi climatica per la quale a gran voce tutti, scienziati in primis, stanno implorando da anni di prendere azione.
Che un film sul cambiamento climatico possa arrivare a occupare il primo posto nelle classifiche di Netflix è indubbiamente un gran risultato. Guidato da un cast di celebrità, il film è una satira amara che esplora come gli individui, i media e i politici rispondono quando si trovano di fronte a fatti scientifici che sono scomodi e minacciosi. La critica non è stata gentile con il lavoro di Adam McKay, ma era da molto che non usciva un film tanto divisivo.
Scrivere della fine del mondo è un compito ingrato, e la prospettiva di Don't Look Up non è affatto sottile. La satira è schietta, palese, dritta al punto, prevedibile nel suo essere tragicomica, di certo non intellettualizzata ma espressa visivamente senza mezzi termini. I riferimenti alla società, ai media e alla politica contemporanea, americana soprattuto, ma non solo, sono chiari ed evidenti e non si può non riconoscere nei personaggi del film e nelle loro modalità di gestione dell’imminente catastrofe, analogie con il mondo reale. Forse per questo gli scienziati del clima lo hanno apprezzato più dei critici cinematografici.
Se Don't Look Up ci insegna qualcosa, è che colpire le persone con i fatti non è sicuramente la strategia di comunicazione più efficace, essendo per natura portati a sentirci più attratti da un discorso convincente e accattivante, che da una giustezza mal presentata, o presentata in maniera brutale. E il film sembra essere molto consapevole di questo difetto della natura umana e dei miti che alimentano il rifiuto della scienza: non possiamo agire a meno che la scienza non sia certa al 100%; le realtà inquietanti descritte dagli scienziati sono troppo dure da accettare per il pubblico; la tecnologia ci salverà; l'economia innanzitutto.
E’ interessante notare come anche il Reuters Institute of Journalism, che ogni anno pubblica insieme all'Università di Oxford un rapporto in cui si fa il punto su quelle che sono e saranno le tendenze del mondo dell'informazione, presenti di fatto le stesse conclusioni quando tratta della copertura giornalistica in tema di cambiamento climatico.
Nonostante la crescente evidenza scientifica che il mondo è vicino a un punto critico, gli oltre cento rappresentanti di editori intervistati sostengono unanimamente la difficoltà di base di coinvolgere l'interesse del pubblico. Si dice nel report che la natura lenta degli sviluppi relativi alla crisi climatica la rende poco adatta ad un ciclo di notizie veloce, quale il pubblico è più abituato. Si legge anche che il pubblico è scoraggiato dalle prospettive deprimenti, che portano a sentimenti di impotenza, che bisognerebbe assumere più giornalisti specializzati che possano spiegare la scienza, anche con indagini sul campo, che la storia del cambiamento climatico è molto complessa e senza soluzioni facili. Conoscere la scienza e saperla presentare in modo attraente, accessibile e costruttivo, collegandola alla politica, all’economia e alla società, e allontanarsi da una narrazione catastrofica, sollevando l’attenzione su ciò che funziona e che è già stato messo in atto, sembra di fatto essere il punto fondamentale del report.
Il “Moriremo tutti” gridato dalla scienziata Kate Dibiasky nel film e le facce arrabbiate di Greta Thunberg, con le sue parole tragiche e taglienti, forse potrebbero anche essere accostate dalla presentazione di realtà dove il cambiamento è possibile e sta già avvenendo.
La politica purtroppo ha tempi lunghi e certamente il cambiamento climatico è un fenomeno molto più complesso di una cometa in rotta di collisione con la Terra. I suoi effetti sono più dilatati, non sono equamente distribuiti e non sono prevenibili con un'unica soluzione rapida come agganciare dei droni sulla stella e farla esplodere nell’atmosfera.
Ma il mondo della comunicazione, dei media, dei giornali, della parola scittta e parlata, potrà fare molto per evitare che il disastro prima o poi arrivi davvero a colpirci sulla testa.