Pubblicato il: 03 Novembre 2021

Lavori in corso

La Conferenza di Glasgow sul clima è nel mezzo dei negoziati. Si dovrà attendere la fine per dichiarare vittoria. O sconfitta.


La Conferenza di Glasgow sarà già finita nel momento dell’uscita di questa newsletter e solo allora saranno noti i risultati, le impressioni e le analisi di questo meeting ritenuto così rilevante nella storia della politica climatica. Al momento attuale, piuttosto che anticipare conclusioni che devono ancora essere raggiunte e confermate, in attesa e nella speranza dell’accordo finale fra le nazioni partecipanti, ripercorriamo i punti salienti di queste ultime due settimane.

Il vertice delle Nazioni Unite a Glasgow ha avuto inizio il giorno stesso in cui i leader del club del G20, i paesi collettivamente responsabili di circa l'80% delle attuali emissioni di gas serra in tutto il mondo, stavano concludendo il loro incontro a Roma. Il G20 italiano avrebbe dovuto costituire la base  diplomatica e consensuale su cui portare avanti le discussioni a Glasgow, eppure, come sempre accade, le aspettative sono state disattese. Certamente, gli stati delle grandi potenze industrializzate hanno firmato un documento in cui dichiarano la necessità di porre fine ai finanziamenti alle centrali a carbone, di ridurre drasticamente le emissioni di metano e hanno riconosciuto la "rilevanza chiave" di azzerare le emissioni nette globali entro la metà del secolo, ma hanno evitato di rendere esplicito l’obiettivo temporale del 2050 come anno limite per contenere l’aumento della temperatura entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

Ha inoltre pesato l’assenza fisica di Vladimir Putin e del presidente cinese, che si sono connessi in videoconferenza, mostrando un coinvolgimento dubbio nelle discussioni. Il Summit di Glasgow, dunque, si apre con la necessità di andare oltre e di spingersi nel terreno dell’impegno concreto. Contrariamente ai partner russi e cinesi al G20, Narendra Modi, il primo ministro indiano, ha presentato i nuovi impegni climatici del paese. Ha promesso che l'India raggiungerà la neutralità emissiva entro il 2070, che entro il 2030 metà dell'elettricità proverrà da fonti rinnovabili e che ridurrà le emissioni di 1 miliardo di tonnellate entro la stessa data.

Durante il corso del meeting, John Kerry, il negoziatore americano per il clima e i rappresentanti dell'Unione Europea hanno annunciato un impegno globale per ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2020. Più di 100 paesi hanno firmato l'accordo. Nello stesso momento è stato raggiunto un altro accordo in cui più di 100 leader mondiali si sono impegnati a porre fine alla deforestazione, responsabile di circa un quarto delle emissioni di gas serra, entro il 2030. Brasile, Canada e Russia, data la vastità del patrimonio boschivo hanno aderito e circa l'85% delle foreste mondiali sarà coperto dall'accordo.

In seguito, Rishi Sunak, il cancelliere britannico, ha dato il via alla “giornata della finanza" con l'annuncio che il Regno Unito diventerà il primo centro finanziario allineato alla neutralità climatica. Il governo, quindi, rafforzerà i requisiti a partire dal 2023, dando la possibilità alle istituzioni finanziarie britanniche e alle società quotate nel mercato azionario britannico di preparare piani su come decarbonizzzare le proprie operazioni, in linea con l'impegno del paese ad avere un'economia “carbon neutral” entro il 2050. Si è poi giunti nelle discussioni alla difficile questione dell’abbandono del carbone come fonte energetica. E’ questo uno dei grandi obiettivi della COP26, su cui si stanno svolgendo la maggior parte dei negoziati e su cui si giocano le principali delle differenze di necessità, prospettive e vedute degli stati del mondo.

Interessante è stata la “svolta verde” del Brasile, notoriamente uno degli oppositori più accaniti ad ogni tipo di politica ambientale. Nell'ultima settimana, infatti, i delegati brasiliani hanno comunicato obiettivi  climatici ambiziosi, come l’aumento del taglio delle emissioni e il raggiungimento dello zero netto entro il 2050. E mentre i ragazzi di Fridays for Future, capitanati da Greta Thunbergh e dalla giovane attivitsta ugandese Vanessa Nakate, marciavano per le strade di Glasgow, si sono svolte le discussioni circa l’uso del suolo e dei terreni per l’agricoltura e lo stanziamento di nuovi fondi per aiutare i paesi in via di sviluppo ad adattarsi al cambiamento climatico e ad affrontare “i danni e le perdite” derivanti.

In queste ore i delegati stanno lavorando per raggiungere un accordo che chiuderà questo Summit, rimandiamo dunque al prossimo numero la riflessione sui risultati.