Pubblicato il: 27 Ottobre 2021

No time to die

Al via la Conferenza di Glasgow sul clima. A cinque anni dal Trattato di Parigi le aspettative sulla COP26 sono altissime.


Dopo l’uscita del nuovo capitolo della saga di James Bond, l’ultimo interpretato da Daniel Craig, che ha visto buona parte della famiglia reale inglese alla prima e una Kate Middleton vestita con un abito dorato degno di Goldfinger, la Conferenza internazionale sul clima che si svolgerà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre sarà il più importante e atteso evento dell’anno.

Sarà un passerella glamour di leader mondiali, attivisti, società civile, esperti, ci saranno incontri ed eventi per tutta la durata del Summit, saranno presenti Sir David Attenborough, l’immancabile Greta Thunberg nonostante le minacce di una sua possibile defezione e persino la Regina.

Sarà il tempo di spettacolari scene d’azione, soprattutto al di fuori dell’edificio in cui si svolgerà la riunione, di auto di lusso, di location sotto la pioggia, di potenti organizzazioni con piani vagamente sovversivi, di cattivi con basi nascoste su isole sperdute, di personaggi machiavellici e onniscenti che orchestrano l’azione dalle poltrone dei palazzi del potere, di deus ex machina con trucchi risolutivi per salvare l’azione all’ultimo momento. Sarà il tempo delle discussioni infinite, dei caffè lunghi al posto dei Vodka Martini, agitati non mescolati, delle speranze, delle delusioni, degli slogan, delle recriminazioni, di qualche battuta di humor, di sorrisi dietro le mascherine, di saluti con il gomito, di amici e di nemici che non si incontrano di persona da due anni, di diplomazia e spietatezza, di interessi convergenti e divergenti, e anche di umanità, come sempre accade in queste riunioni.

Le Conferenze delle Parti, o COP, così si chiamano questi incontri annuali fra gli stati del mondo che si svolgono dal 1995, sono una opportunità per i negoziatori di quasi 200 paesi di riunirsi, lavorare per una riduzione delle emissioni globali, rivedere i loro progressi nelle politiche per il cambiamento climatico e decidere il modo migliore per andare avanti.

L’attesa per il summit di Glasgow è oramai quasi insostenibile, e le aspettative altissime.

Sono passati cinque anni dall’Accordo di Parigi del 2015, senza contare lo stop dovuto alla pandemia, ed è questo il momento per gli stati di presentare e rinnovare i propri piani nazionali di riduzione delle emissioni, con l’obiettivo esplicito di raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali.

Molte questioni sono ancora irrisolte prima dell’avvio del meeting di Glasgow, manca una risposta ufficiale da Cina, India, Russia, Brasile e Australia in merito agli obiettivi di riduzione nazionali, ci si attende un aspro confronto sul nodo dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, relativo al funzionamento dei mercati internazionali delle emissioni, sul ruolo della finanza climatica che si dovrà fare carico di gestire la decarbonizzare dell'economia mondiale entro la metà del secolo e sulla distribuzione dell’onere delle responsabilità economiche e dei target di riduzione.

La crisi energetica degli ultimi mesi, che ha colpito la Cina più di altri paesi, ha evidenziato la difficoltà di tagliare la dipendenza dell’economia globale dai combustibili fossili e mentre il mondo si prepara a dichiarare finita l’epoca del carbone, la Cina, in risposta alla crisi e in totale contraddizione con la politica del presidente Xi Jinping sulla decarbonizzazione, ha inviato il peggior segnale possibile aumentando le estrazioni di carbone.

Se la COP sarà un insuccesso, si sa già chi sarà a prendersene in parte la responsabilità. Il padrone di casa Boris Johnson solleva da mesi le aspettative che questo summit dovrà essere un trionfo.

Rivolgendosi all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre, ha infatti dichiarato che la COP26 sarebbe stata "il punto di svolta per l'umanità", esportando quella retorica di rassicurante sensazionalismo caratteristica della sua personalità politica, molto familiare al suo pubblico domestico.

La posta in gioco per il primo ministro britannico questa volta va persino oltre la crisi climatica, il summit costituisce un’opportunità unica per la Gran Bretagna della Brexit di dimostrare di avere capacità di persuasione e leadership sulla più grave minaccia per il pianeta.

Il contesto in cui si svolge il summit non è però dei più semplici. Ancora nel mezzo di una pandemia, in un momento in cui non tutti i paesi invitati hanno avuto lo stesso accesso ai vaccini e non si ha ancora piena mobilità nei viaggi, senza contare i rapporti difficili fra il Regno Unito post Brexit e l’Unione Europea, e fra la Cina e gli Stati Uniti per le continue sfide di potere diplomatiche ed energetiche.

Tuttavia, l’esito delle elezioni tedesche, con una nuova leadership socialista che condividerà il ruolo di guida del paese non solo con i Cristiano-democratici, ma per la prima volta nella storia anche con i Verdi, la forte spinta europea del Green Deal, la nuova amministrazione americana che ha superato il negazionismo climatico della precedente, fanno sperare che gli stati del mondo potranno essere in grado, a Glasgow, di avere finalmente compreso la necessità e l’urgenza per tutti di mettere da parte i propri conflitti, in nome della tutela del bene comune che è il clima terrestre.

“No time to die” non è quindi, in questo caso, solo il titolo di un film, ma è una speranza affinchè i leader mondiali non ci condannino un’altra volta all’esibizione di parole vuote, che ci avvicinano ogni anno di più a conseguenze disastrose e neanche troppo imprevedibili.