Pubblicato il: 21 Febbraio 2022
Queste Olimpiadi, che arrivano a pochi mesi di distanza da quelle estive di Tokyo, rimandate di un anno, si ricorderanno per essere state il primo grande evento di massa in Cina dall’inizio della pandemia, e le prime ad essere già state ospitate nella stessa città per due volte nella storia. Pechino, infatti, è già stata sede dell’edizione estiva dei Giochi Olimpici nel 2008.
Nonostante le minacce di boicottaggio diplomatico da parte di alcuni stati, fra cui Stati Uniti, Australia e Regno Unito, ma anche Canada, Belgio e Danimarca, per protestare contro il trattamento riservato dal governo cinese nei confronti della minoranza musulmana degli uiguri nella regione dello Xinjiang, questa edizione dei giochi olimpici ha comunque riscontrato una buona riuscita, in termini di sicurezza, partecipazione e organizzazione.
Xi Jinping, il presidente cinese, ha inoltre dichiarato che questi Giochi sarebbero stati “verdi, inclusivi, aperti e puliti”, i più sostenibili della storia delle Olimpiadi.
Sono stati dunque messi in atto sostanziosi investimenti nell’energia pulita, nella mobilità sostenibile, nel riciclaggio e nella compensazione delle emissioni, riadattando per l’occasione molti degli impianti dei Giochi del 2008, trapiantando altrove i 20.000 alberi rimossi per realizzare le piste da sci, riducendo smog e inquinamento atmosferico, anche tramite un temporaneo rallentamento dell’attività dell’industria pesante locale.
C’è tuttavia un aspetto che rende dubbia la sostenibilità di queste Olimpiadi.
Data la mancanza di neve, sono state le prime Olimpiadi nella storia ad utilizzare esclusivamente neve artificiale. Quella di Pechino è una regione senza un legame particolarmente rilevante con lo sport dello sci, senza una stazione sciistica che rispecchi gli standard olimpici, dove gli inverni tendono a essere freddi e secchi, in cui le precipitazioni nevose sono in genere molto ridotte. Dati questi presupposti aveva dunque sorpreso la candidatura di Pechino come sede dei giochi invernali e ancora di più la posizione del Comitato Olimpico che aveva poi scelto proprio Pechino come città vincitrice.
La produzione di neve artificiale richiede grandi quantitativi di acqua ed energia: si stimano circa 4mila metri cubi d’acqua e 25mila kWh di energia per ettaro di pista innevata. Per questi Giochi Olimpici si calcola ad esempio siano stati utilizzati circa due milioni di metri cubi di acqua, una quantità che riempirebbe ottocento piscine olimpioniche.
Non sono dunque mancate dure critiche relative allo spreco di energia e soprattutto di acqua, bene prezioso e risorsa scarsa in particolare nel nord della Cina, regione a rischio di siccità e sede di metà della sua popolazione.
Ma sono state sollevate obiezioni anche relativamente all’impatto ambientale stesso della neve artificiale sul suolo montano. La neve artificiale, avendo un alto contenuto di acqua liquida, è di conseguenza più pesante e compatta di quella naturale e questo impedisce il passaggio di ossigeno sul suolo sottostante causandone con più facilità il congelamento e la putrefazione. Inoltre, nei luoghi soggetti ad innevamento artificiale è stato riscontrato un ritardo dell’inizio dell’attività vegetativa rispetto alla media, un deterioramento del manto erboso, nonché un maggiore inquinamento del suolo a causa degli additivi impiegati per produrre la neve. Questo rende i pendii più soggetti all’erosione e altera l’ecologia e la biodiversità dei versanti montuosi.
Tuttavia, la mancanza di neve sarà una questione da prendere sempre più in considerazione d’ora in poi, dato che le temperature medie globali continuano ad aumentare per effetto del cambiamento climatico. Non si esclude quindi la prospettiva che nei prossimi decenni, per i Giochi Olimpici invernali, ma anche per garantire il turismo nelle località sciistiche, sarà sempre più indispensabile l’uso di neve artificiale.
Si dovranno dedicare dunque risorse per appositi studi e valutazioni sull’effettivo impatto ambientale della neve artificiale ed altrettante regolamentazioni