Pubblicato il: 14 Marzo 2022

Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale

La guerra è tornata sul suolo europeo e cambierà gli equilibri politici, economici ed energetici del mondo occidentale.


“La guerra è tornata sul suolo europeo”, si dice tanto in questi giorni.

Le notizie si susseguono di ora in ora e con grande probabilità, a breve, i fatti avranno già superato le parole qua scritte.

Non si potrà più tornare allo status quo. L’attacco russo all’Ucraina sta cambiando gli equilibri politici, diplomatici, economici e geopolitici del mondo occidentale dalla fine della Guerra Fredda e sta diventando una tragedia umanitaria senza precedenti. La Russia sarà uno stato diverso, così come diverso sarà il suo rapporto con il mondo esterno. L’Unione Europea sarà diversa, l’atteggiamento verso la politica di sicurezza e di difesa sarà trasformato, la politica economica ed energetica cambieranno, la politica ambientale si rafforzerà, la politica migratoria sarà rivista, così come il suo lento apparato decisionale, già scosso dal terremoto della pandemia, sarà forzato ad un maggiore tempismo nell’azione.

Uno dei principali insegnamenti appresi con l’aggressione russa, è che le fonti fossili non sono solo la causa del riscaldamento globale, ma sono anche un'arma, militare e geopolitica, che ci rende vulnerabili e ci tiene in ostaggio.

Questo non è un conflitto scoppiato per il possesso delle risorse energetiche, ma la questione energetica è cruciale ed è la principale arma a vantaggio russo da cui ora l’Europa ha capito di doversi sganciare, per avere una maggiore resilienza, una maggiore autonomia e un maggior controllo sui prezzi.

Mentre gli Stati Uniti a livello economico ed energetico non sono molto toccati da questa crisi, perché di fatto indipendenti energeticamente, avendo petrolio ed essendo addirittura esportatori di gas naturale liquido, l’Europa, invece, si trova in una posizione di totale sudditanza dalle importazioni del gas russo.

Negli ultimi 30 anni l’Unione Europea ha ricevuto quasi il 40% del suo gas e oltre un quarto del suo petrolio dalla Russia e nonostante l'espansione delle energie rinnovabili negli ultimi due decenni, questa dipendenza sta aumentando man mano che i paesi passano al gas, che è una fonte meno inquinante del carbone ed è considerato come la fonte di transizione verso l’energia verde.

Storicamente, gran parte dell'Europa è stata dipendente dal carbone per l'energia e il riscaldamento.

Allo stesso tempo, gli obiettivi climatici dei paesi europei si sono resi sempre più stringenti, la produzione di energia rinnovabile è più che raddoppiata negli ultimi venti anni, e la quota generata dal nucleare è diminuita, soprattutto a seguito dell'incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima nel 2011. Questo aveva portato Angela Merkel a chiudere tutti i reattori del paese e a portare avanti una politica climatica coraggiosa con l’obiettivo di eliminare il carbone entro il 2030, ma aveva anche aumentato il bisogno di gas della Germania, dipendente dalla Russia per oltre il 40% del suo fabbisogno energetico nazionale. Stessi valori si riscontrano per l’Italia, che ha appunto una dipendenza dal gas russo per oltre il 40% dell’energia di cui necessita. Anche il Regno Unito, nonostante la produzione di gas nel Mare del Nord, rimane comunque un importatore netto di gas. Meno coinvolta è ovviamente la Francia data la forte presenza del nucleare.

Questa guerra ha reso chiaro che non si può più dipendere da una sola fonte e da un solo fornitore. Bisogna diversificare l’approvvigionamento e bisogna soprattutto accelerare il passaggio alle rinnovabili, che già hanno acquisito un notevole sviluppo tecnologico e dunque bisogna renderle sempre più efficaci su larga scala.

La transizione energetica, l’efficienza e il risparmio energetico, sono dunque le componenti essenziali e prioritarie per affrontare questa crisi e anche per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Unione Europea.

Ma nell’immediato, per poter reggere all’impatto dell’incertezza di una situazione dagli esisti e dalla durata ad oggi sconosciuta e imprevedibile, che potrebbe realmente portare ad una carenza di rifornimenti di gas, si sta parlando di rimettere in funzione alcune centrali a carbone, si stanno aprendo contatti con altri fornitori di petrolio e di gas nei paesi arabi e soprattutto si dovranno contingentare i consumi.

Questo anche per contenere l’aumento dei prezzi del gas e dell’energia già presente prima della crisi, in gran parte a causa della rinascita della domanda di combustibili fossili dopo i lockdown imposti dai governi per la pandemia e della difficoltà di aumentare l'offerta dopo le interruzioni degli ultimi due anni.

Con questo conflitto, e le pesanti sanzioni imposte, il prezzo di petrolio, gas, commodities, materie prime non solo energetiche, ha raggiunto i massimi storici ed è destinato a perdurare nel tempo con evidenti effetti sull’inflazione e su un possibile rallentamento della crescita economica.

Per evitare strozzature nelle forniture, gli stati europei sono ora al lavoro per mettere in atto un piano straordinario che preveda la ricerca di fonti approvvigionamento diverse, una discussione sullo stoccaggio e sulle riserve di gas, e la proposta per la definizione di un tetto massimo dei prezzi energetici.

Si attendono sviluppi.