Pubblicato il: 17 Luglio 2017
Prendete una scatola. Prendete un gatto. Prendete una fialetta di veleno che potrebbe o non potrebbe rompersi in un momento casuale. Ragionando in termini di esperimento mentale, fintantochè la scatola non verrà aperta, il destino del gatto si troverà in una sovrapposizione di stati. Esso potrà infatti contemporaneamente essere sia vivo sia morto ed entrambe le eventualità si verificheranno allo stesso tempo.
Il fisico subatomico Shroedinger descrisse questo paradosso nel 1935 per dimostrare i limiti della fisica quantistica, secondo cui il comportamento di una particella elementare non è prevedibile con esattezza, ma solo ipotizzabile in modo probabilistico.
Fisica quantistica a parte, ampliando ed astraendo il significato del paradosso, si potrebbe persino arrivare a mettere in discussione il concetto stesso di realtà e verità. In mancanza, o nell’impossibilità della verifica del fatto, la realtà diventa quindi duplice e contradditoria, fino alla coesistenza di condizioni reali parallele o parallelamente verosimili, confermate e smentite allo stesso tempo.
Ritorniamo all’anno 2016. Ripensiamo ai grandi eventi politici che l’hanno contraddistinto. Alla campagna referendaria britannica e a quella presidenziale americana. Riconsideriamo la metodologia comunicativa utilizzata, gli slogan, i meme. Riflettiamo su quante volte ci siamo davvero posti la questione se credere o non credere a cio’ che ci veniva proposto e quante volte, anche solo inconsapevolmente, abbiamo abbandonato l’obiettività del giudizio lasciandoci trasportare dalle affascinanti semplificazioni operate dalle parole dei protagonisti dei dibattiti.
Non è un caso che l’Oxford Dictionary, bibbia e punto di riferimento della lingua anglosassone e non solo, abbia scelto come “parola internazionale dell'anno” per il 2016, una locuzione-concetto legata alla verità. “Post verità”, un neologismo, è la parola designata. Una parola che secondo l’Oxford “cattura al meglio l’attuale spirito del tempo e ha il potenziale per restare culturalmente significativa nel lungo periodo”. Quella parola che il dizionario inglese indica come una condizione in cui "i fatti oggettivi assumono minore influenza sull'opinione pubblica rispetto al ricorso agli appelli emotivi e alle credenze personali".
Una verità, quindi, che si crea giocando su dinamiche emotive, sulla base delle quali si operano poi le scelte politiche e sociali.
Che la politica abbia insita una componente comunicativa strumentale è assodato, ma oggi si è raggiunto un livello superiore. Uno stadio in cui non ci si indigna nemmeno più per i palesi nonsense, ma li si guarda con indulgenza e si passa oltre, valutando la realtà secondo ciò che si preferisce credere, ciò che si sente di cuore o di “pancia”, tanto da costruirsi una verità a propria misura.
Ci affidiamo a chi pronuncia parole che ci suonano familiari, che danno voce alle nostre credenze, che vanno a rinforzare la nostra visione del mondo e spesso danno sfogo ai nostri pregiudizi, confortandoci propio perchè rivendicano e difendono l’appartenenza al nostro gruppo.
Gli anglosassoni, ancora loro, le chiamano anche “camere dell’eco”, quelle situazioni in cui selezionano solo le notizie e i commenti con i quali si concorda a priori, come caratteristica distintiva di operazioni linguistiche capaci di dimostrare l’irrilevanza e in ultima analisi la superfluità del vero. Ed e’ proprio cosi. Quasi come un meccanismo psicologico innato, si tende a credere nei fatti che confermano la propria opinione pregiudiziale e a diffidare o respingere quelli che la smentiscono.
Che la post verità sia diventata la modalità di espressione del nuovo populismo, che la utilizza in in maniera sistematica e progettuale, è anche questo, oramai, un dato di fatto.
Eppure tale fenomeno ha radici ben più ampie e ben più lontane, tanto da far pensare che la post verità abbia assunto ora la posizione di generalizzata caratteristica interpretativa della realtà del terzo millennio. Dal pubblico al privato, infatti, le nuove e incalzanti domande della societa’ figlia della crisi economica e dell’avvento dei social, sembrano aver trovato una miglior risposta in un mondo fatto, anche e soprattutto, di gossip.
Nessuno è esente in una certa misura dalle “camere dell’eco”, in fondo non sono che l’espressione stessa delle nostre credenze e del nostro background di appartenenza. Ma il pericolo è in agguato.
Finchè la scatola non verrà aperta, a cosa preferiamo credere, che il gatto sia vivo o che il gatto sia morto?