Pubblicato il: 04 Aprile 2022
Il 28 febbraio 2022 l’IPCC, il Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, ente sotto l’egida dell’Onu, ha pubblicato un rapporto con il nome “Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability”. Questo nuova analisi è la seconda di una serie di quattro studi, che fanno tutti parte del Sesto Rapporto dell’IPCC sui cambiamenti climatici.
Il nuovo studio prosegue la prima parte pubblicata lo scorso agosto sulla scienza fisica del clima che aveva inequivocabilmente confermato l’origine antropica della crisi climatica. L’analisi di ora si concentra invece sugli impatti causati dall’aumento della temperatura e sulle interazioni con gli ecosistemi naturali e le società umane, fornendo una sintesi ancora più allarmante dei rischi attuali e futuri rispetto alle versioni precedenti.
Una terza sezione del rapporto, appena uscita il 4 di aprile, a cui si dedicherà un successivo articolo, analizza le modalità di riduzione delle emissioni di gas serra a livello mondiale e la parte finale, in ottobre, riassumerà tutte le analisi precedenti, diventando quindi la base scientifica per la COP 27, il vertice sul clima delle Nazioni Unite che quest’anno si terrà in Egitto.
I rapporti dell’IPCC sono la fonte scientifica più autorevole e affidabile possibile sul cambiamento climatico. Questo rapporto è infatti basato sull’analisi e la raccolta di 34.000 articoli scientifici internazionali, è stato scritto da 270 scienziati fisici e sociali appartenenti a 67 paesi ed è stato commissionato e approvato all’unanimità da 195 governi.
Il Quinto rapporto dell’IPCC, uscito nel 2014, si limitava a parlare di un aumento delle probabilità di danni gravi e irreversibili provocati dalle emissioni di gas serra, oggi invece gli esperti ritengono che il cambiamento climatico abbia già causato molti danni all’ambiente e alla società umane.
Questo nuovo studio è una valutazione completa della portata degli impatti del cambiamento climatico e dimostra che si sta già andando oltre la capacità dell’ambiente di farvi fronte.
Alla conferenza sul clima di Glasgow a novembre i paesi hanno rinnovato il loro impegno a limitare il riscaldamento a 1,5 gradi, eppure le attuali politiche sul contenimento delle emissioni non sono sufficienti e potrebbero portare ad un aumento delle temperature di 2,7 gradi con conseguenze che l’IPCC definisce catastrofiche e irreversibili.
Il mondo si è già riscaldato di 1,1 gradi dall'epoca preindustriale e questo sta già causando "impatti a cascata che sono sempre più difficili da gestire", come si legge nel rapporto, perché la crisi climatica ha anche il potere di peggiorare problemi come la fame, le malattie e la povertà, soprattutto in aree del mondo più vulnerabili.
Il rapporto afferma che circa la metà della popolazione globale, compresa tra 3,3 e 3,6 miliardi di persone, vive in aree altamente vulnerabili al cambiamento climatico e di queste circa un miliardo vivrà in aree costiere destinate ad un fatale destino per l’innalzamento costante del mare entro il 2050.
Saranno colpite regioni come l'Africa occidentale, centrale e orientale, l'Asia meridionale e l'America centrale e meridionale, nonché molti piccoli stati insulari.
Le temperature più alte causeranno estinzione di alcune specie, inondazioni, ma anche eventi estremi e siccità, aumenteranno le malattie come il colera e le febbri portate dalle zanzare. I suoli saranno sterili, secchi e privi di acqua sufficiente per l’irrigazione, si ridurrà il ciclo dell’impollinazione, aumenteranno i parassiti, le malattie delle colture e la produttività dei raccolti.
Aumenterà la malnutrizione e la povertà, i conflitti per l’uso delle risorse, così come le migrazioni e la dipendenza dei paesi vulnerabili dagli aiuti del mondo sviluppato. Il rapporto prevede che 183 milioni di persone in più soffriranno la fame entro il 2050.
"L'uso insostenibile della terra e delle risorse naturali, il cambiamento della copertura del suolo, la deforestazione, la perdita di biodiversità, l'inquinamento e le loro interazioni, influenzano negativamente le capacità degli ecosistemi, delle società, delle comunità e degli individui di adattarsi al cambiamento climatico”, si legge nel rapporto.
Anche se vi hanno contribuito in minima parte, i paesi più poveri saranno i più colpiti, la capacità di adattamento è infatti distribuita in modo ineguale tra le regioni del mondo, a causa delle crescenti disparità tra il costo dell'adattamento e i finanziamenti disponibili.
Nel rapporto c’è anche un intero capitolo dedicato all’impatto nel Mediterraneo, che viene definita come una regione molto vulnerabile e un “hotspot” per impatti altamente connessi tra loro.
Tra le misure di adattamento che l'IPCC menziona nel rapporto ci sono il ripristino delle zone umide per proteggersi dalle inondazioni, l'inverdimento delle città e la riforestazione e si citano quindi interventi in differenti aree che comprendono i sistemi terrestri e oceanici, le coste, i sistemi urbani, e i sistemi energetici.
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha commentato il rapporto con una frase che rimarrà impressa: “E’ un atlante della sofferenza umana e un atto d’accusa contro una leadership climatica fallimentare”.
È per questo che il segretario generale dell’Onu si concentra sull’importanza di investimenti repentini per far fronte ad un ambiente in evoluzione, in cui l’adattamento si misura nella velocità delle azioni per evitare che la temperatura raggiunga la soglia critica e nell’aiuto economico alle popolazioni vulnerabili.
Il rapporto dell’IPCC è uscito giusto quattro giorni dopo l’inizio dell’aggressione russa in Ucraina, mentre l'Europa ha iniziato la sua lotta per l’indipendenza energetica dal gas russo.
Anche Guterres ha affermato che gli eventi attuali hanno reso chiaro quanto la dipendenza dai combustibili fossili "rende vulnerabile l'economia globale e la sicurezza energetica" e quindi, ancora una volta, si chiede di ridurre le emissioni, disincentivare l’uso dei fossili e investire nelle energie rinnovabili, pulite e indipendenti.