Pubblicato il: 01 Novembre 2018
Mai prima d’ora ci sono stati premi Nobel più azzeccati e attuali.
A partire dai Nobel per la pace, che hanno premiato Denis Mukwege e Nadia Murad per i loro sforzi nel combattere l’uso della violenza sessuale come arma di guerra. Nadia, attivista per i diritti delle donne ed ex schiava dell’Isis, sopravvisuta al massacro della popolazione del proprio villaggio e a mesi di abusi sessuali da parte del gruppo terroristico e Denis, medico ginecologo congolese che cura ed assiste le donne vittime di stupri di massa, perpetrati come strategia militare in Congo.
Per continuare, il riconoscimento nel campo della Medicina, per le scoperte sulla terapia del cancro per mezzo della regolazione del sistema immunitario. E della Fisica, per gli studi sui laser, dove Donna Strickland è stata la prima donna inisignita del premio in questo campo.
E ai Nobel per la chimica, per gli studi atti a promuovere un’industria chimica più verde, produrre nuovi materiali, biocarburanti sostenibili, mitigare le malattie e salvare vite umane.
E infine sono stati di particolare rilevanza anche i premi assegnati nelle scienze economiche che hanno premiato “l’integrazione dei cambiamenti climatici e delle innovazioni tecnologiche nell’analisi macroeconomica a lungo termine”.
William Nordhaus è un indiscusso pioniere dell’economia del cambiamento climatico.
Negli anni Novanta ha infatti creato il primo modello quantitativo di valutazione integrata che descrive le interazioni reciproche tra sistema macroeconomico e quello climatico, quantificando i costi economici dell’azione e dell’inerzia. E’ nato così il modello Dice, completamente open source, pubblicato in Rete, a uso di tutti i ricercatori, economisti, ingegneri, scienziati del clima e fisici, che lo vogliono studiare, applicare e migliorare, permettendo infinite variazioni e sviluppi.
Nordhaus è anche un convinto fautore sia delle politiche pubbliche per la lotta ai cambiamenti climatici, in primis la carbon tax, sia dei meccanismi di mercato, visti come incentivi per aumentare il prezzo dei servizi e beni a forte intensità di carbonio.
Per una significativa coincidenza, poi, questo premio Nobel per l’Economia è stato assegnato proprio lo stesso giorno della pubblicazione dell’allarmante Report Speciale dell’IPCC, dove si lancia un monito forte e chiaro. Con il trend attuale, già nel 2030 la temperatura media globale potrebbe superare di 1,5 gradi i livelli pre-industriali, con conseguenze drammatiche per il Pianeta.
Il report conferma ciò che l’economista sostiene da decenni, cioè che stabilire un prezzo per le emissioni di gas serra è un passo imprescindibile per tentare di tenere sotto controllo i cambiamenti climatici.
Al ritiro del premio, Nordhaus ha poi espresso pungenti battute sull’approccio dell’amministrazione americana verso le politiche ambientali. “E’ davvero anomalo questo grado di ostilità degli Stati Uniti. Tutto ciò che posso fare è sperare che riusciremo a superare questa fase senza troppi danni. L’amministrazione non durerà per sempre.”
Insieme a Nordhaus, è stato insignito con il Nobel anche Paul Romer, professore alla New York University e capo economista della Banca mondiale fino a gennaio, quando ha dato le dimissioni in aperta polemica con l’istituto.
La sua attività di ricerca si focalizza sull’innovazione tecnologica. Fino agli anni Novanta, i progressi in termini di tecnologia e produttività erano ritenuti come esogeni, cioè estranei al funzionamento ordinario del sistema economico. Romer ha contribuito a rovesciare questa concezione, cambiando il paradigma con cui veniva teorizzata la crescita e sostenendo invece che i miglioramenti della produttività sono di natura endogena. Essi sono quindi il risultato degli investimenti, pubblici e privati, in ricerca, sviluppo e innovazione, e possono quindi essere studiati con gli strumenti standard dell’economia. Il progresso tecnologico, e di conseguenza, nel lungo periodo, la crescita economica, sono quindi stimolati dalle idee, beni peculiari che possono essere riutilizzati infinite volte senza alcun costo e da tutti, dando vita a sempre nuovi output.
Nordhaus e Romer, in modi diversi, hanno quindi preso una posizione chiara su un tema molto dibattuto, ovvero la misura in cui lo Stato debba e possa intervenire nelle dinamiche dell’economia.
Entrambi si sono allontanati dall’idea obsoleta che il mercato possa autoregolarsi, sottolineando l’importanza del ricevere un indirizzo corretto da parte delle politiche pubbliche, che devono investire nell’unico bene di cui il mondo non esaurirà mai le scorte: le idee. E attraverso le idee, e l’innovazione che ne deriva, si può creare e promuovere una crescita economica che sia equa e sostenibile.
Entrambi sottilineano qual è la missione dell’economia. Costruire teorie verificabili sul funzionamento del mondo baandosi sullo studio delle evidenze, così da fornire indicazioni per le politiche reali. E avere il coraggio di modificarle, queste teorie, se non coincidono con i fatti.